È stato firmato all’Aran il primo contratto nazionale di lavoro del nuovo comparto Istruzione e Ricerca che interessa 1 milione e 200mila tra docenti, personale Ata, ricercatori, tecnologi, tecnici, amministrativi. L’accordo, arrivato dopo dieci anni di blocco, prevede aumenti salariali in linea con quanto stabilito dalle confederazioni con l’accordo del 30 novembre 2016; per la scuola da un minimo di 80,40 a un massimo di 110,70 euro; pienamente salvaguardato per le fasce retributive più basse il bonus fiscale di 80 euro.
I commenti dei sindacati
Per Cgil, Cisl e Uil il contratto “segna una svolta significativa sul terreno delle relazioni sindacali, riportando alla contrattazione materie importanti come la formazione e le risorse destinate alla valorizzazione professionale. Rafforzati tutti i livelli di contrattazione, a partire dai luoghi di lavoro, valorizzando in tal modo il ruolo delle RSU nell’imminenza del loro rinnovo”, mentre per quanto riguarda il personale docente della scuola, i sindacati precisano che “si è ottenuto di rinviare a una specifica sequenza contrattuale la definizione del codice disciplinare con l’obiettivo di una piena garanzia di tutela della libertà di insegnamento. Riportando alla contrattazione le risorse finalizzate alla valorizzazione professionale, ripristinando la titolarità di scuola, assumendo in modo esplicito un’identità di scuola come comunità educante si rafforza un modello che ne valorizza fortemente la dimensione partecipativa e la collegialità”.
La soddisfazione del Governo
Soddisfazione anche da parte del Governo: “Soddisfatti per intesa. Valorizzare chi lavora nei settori della conoscenza è investimento sul futuro” ha scritto in un tweet il ministro dell’istruzione Valeria Fedeli. Parole a cui si aggiungono quelle del ministro della pubblica amministrazione Marianna Madia: “Firmato il nuovo contratto della conoscenza, dalla scuola, alla ricerca, all’università, agli istituti artistici e musicali. Era giusto e doveroso”.