Resto convinto, non da oggi, che un sistema elettorale dovrebbe consentire agli elettori di fare anche e soprattutto una scelta di un Governo e della sua maggioranza, altrimenti la scelta più importante sfugge al cittadino. Di un Governo e, insieme, della sua maggioranza: quindi niente sistema presidenziale che separa le istituzioni e che rende necessari compromessi continui, ove possibili. Quello va bene per sistemi su una dimensione di scala continentale, come gli Usa o la Ue, non per gli Stati nazionali che devono decidere molto.
Questo obiettivo non è in alcun modo perseguibile dopo il 4 dicembre ed in questi ultimi mesi di legislatura.
Dopo il 4 dicembre
Il 4 dicembre è fallito un sistema simile a quello neoparlamentare dei Comuni: una sola Camera con la fiducia e una maggioranza garantita a chi vinceva il ballottaggio. Travolta la prima scelta, l’unica Camera politica, la Corte costituzionale ha fatalmente rimosso anche la seconda, il ballottaggio. Facciamocene una ragione.
Sarà anche difficile riproporlo in futuro, vista la bocciatura. Resta un altro sistema che non garantisce ma che quasi sicuramente produce effetti analoghi, quello francese. Esso però parte dall’elezione diretta del Presidente a cui poi l’elettore, dopo un mese, è fortemente spinto a confermare una maggioranza nei collegi.
Col solo uninominale a doppio turno lo scopo con tutta probabilità non si raggiungerebbe perché non ci sarebbe una nazionalizzazione della sfida pro o contro il Presidente. Sarà un ottimo riferimento per la prossima legislatura, quando fatalmente si dovrà riprendere il dossier delle riforme costituzionali. Non ora.
Tutti i sistemi di cui si discute in questa fase non possono promettere in alcun modo che l’elettore possa decidere sul Governo, se il primo schieramento non supera il 40% dei voti: vale per le leggi vigenti, per il Mattarellum, per il Consultellum e per il tedesco.
Le coalizioni pre-elettorali complicano il sistema
Con tutta probabilità, quindi, le coalizioni vere saranno fatte dopo il voto. Se così è, non si capisce perché operare una finzione, ossia presentare coalizioni pre-elettorali (come accadrebbe col Consultellum Senato, col Mattarellum e col Rosatellum), facendo entrare anche partiti piccoli (col 3% del Consultellum Camera e coi collegi di coalizione del Mattarellum e del Rosatellum) che poi dovrebbero essere smontate subito dopo il voto per rimontare quelle vere. Le coalizioni pre-elettorali hanno senso se il sistema è majority assuring, se la legge (e la Costituzione) ne fanno vincere una, altrimenti complicano il sistema.
Ci saranno problemi di governabilità anche perché non abbiamo le regole costituzionali tedesche (fiducia a una sola Camera, scioglimento al Premier se battuto sulla fiducia, sfiducia costruttiva) e, soprattutto, i partiti tedeschi, facilmente coalizzabili? Certo, ma c’è stato il referendum e dobbiamo ora operare a Costituzione invariata. Non possiamo chiedere ai nostri parlamentari di ribaltare ora il risultato del 4 dicembre. Proprio i problemi ci indurranno però a riaprire il dossier costituzionale prima di quanto molti possano pensare.
Una buona legge elettorale
Però un miglioramento il sistema lo produce sulla seconda finalità di una buona legge elettorale, quella della scelta dei rappresentanti.
A regole vigenti molti deputati ma soprattutto tutti i senatori dovrebbero essere eletti con le preferenze.
Al Senato, addirittura, la circoscrizione sarebbe l’intera Regione: quasi tutti i candidati sarebbero costretti a violare qualsiasi tetto decente di spese elettorali e a promettere mari e monti. Ove intercettati finirebbero fatalmente subito indagati per traffico di influenze.
Rispetto a questi danni enormi, che trasformerebbero le elezioni in una competizione fratricida nei partiti (che va regolata in periodi diversi, antecedenti) e non tra i partiti e che spalancherebbero le porte a un attivismo estremo della magistratura inquirente, il mix di collegi uninominali e liste bloccate corte appare senz’altro migliorativo. C’è qualche problema perché non avendo a differenza della Germania un numero variabile di seggi bisognerà che i peggiori vincitori di collegio non entrino? Anche questo è un vincolo costituzionale e non ci possiamo fare niente, purtroppo.
Non conta solo come si voterà ma quando si voterà
Un’ultima notazione di contesto, però, vale la pena di essere proposta. Non conta solo come si voterà ma anche quando si voterà. Qui bisogna fare una scelta.
Se si dice che bisogna per forza votare a scadenza naturale per i motivi più vari (perché quella sarebbe una fisiologia, perché c’è la legge di bilancio ed è meglio che si faccia con questo quadro non mollando il certo per l’incerto) va tutto bene, ma allora non si chieda di fare una riforma elettorale, si accetti l’idea che si vada a votare così e basta.
Se invece si vuole la riforma elettorale è del tutto evidente che la scadenza debba essere anticipata. Delle due l’una: se si fa la legge elettorale ora, le forze della maggioranza che si sentono danneggiate non sosterranno il Governo sulla legge di bilancio e quindi correremmo il rischio dell’esercizio provvisorio; se si vuole fare insieme alla legge di bilancio si scaricherebbero su quest’ultima tutti i possibili ricatti legati alla legge elettorale, a partire dal negoziato sulle soglie di sbarramento. Anche in politica non si può volere la botte piena e la moglie ubriaca.
Per questo, nonostante tutto, ben venga questo accordo e l’accorciamento dei tempi della legislatura.