Sono le dieci del mattino e c’è già un grande fermento attorno al Lingotto. Fuori i primi giornalisti prendono posizione, dentro le ultime riunioni, i tavoli di accoglienza, le istruzioni ai tanti volontari.
Tanti, ma appena sufficienti a contenere l’affluenza: nel primo pomeriggio un esercito di militanti, elettori, persone che credono nel nuovo corso democratico, si sono messi in fila per premere il tasto start di questa avventura congressuale.
Le file
I seminari sono sold out da giorni, solo posti in piedi per chi non si è registrato.
Al desk qualche volontario è rammaricato di non poter garantire il posto nei box dei seminari. Ma il messaggio è chiaro e confortante: questo non è un popolo di fan e fanatici, ma persone che hanno voglia di stare sui temi e contribuire alla mozione del Partito democratico di domani. In una parola, partecipare.
Ultimi rifornimenti per il bar della sala, si regolano le luci, attacca la musica, comincia a diffondersi quel fermento che precede l’inizio di un percorso comune.
Sbaglia chi parla di “Leopolda torinese”: il pubblico che riempie la grande sala congressi del Lingotto è un crocevia di tradizioni e storie differenti. Tutti sotto il tetto di una grande casa, la nostra casa, per ripartire insieme.
Continua la fila, continua l’affluenza, i controlli di sicurezza, gli ultimi caffè.
La sala congressi si è trasformata in un grande laboratorio: all’ingresso la sala stampa, ai lati i box per i seminari, al centro la platea e il palco. Sarà una tre giorni di elaborazione, interventi, storie, dialogo, aperto a chiunque voglia investire in questo percorso di sinistra progressista.
Inno d’Italia, sale Renzi sul palco, si comincia: di nuovo in cammino.