Quando hanno letto o visto la gazzarre al Senato durante la discussione per l’approvazione della legge denominata Ius Soli molti di noi si sono chiesti: ha i nostri valori un bimbo nato in Italia, che va a scuola e gioca e studia con altri bambini e non coglie nessuna differenza, che sta sereno in fila per il pasto alla mensa in quarta elementare, che viene sgridato dalla sua mamma o dalla sua maestra se alza la voce o dice parolacce o quei trogloditi che ieri si sono azzuffati al Senato?
La domanda potrebbe sembrare retorica ma non lo è. In realtà molti italiani sono contrari a questa legge, ma molti di loro lo sono per effetto di informazione incompleta.
La legge Martelli e la variante dello Ius soli
Dal 1992 con la legge Martelli si è introdotto anche in Italia una variante dello Ius Soli, già oggi dunque, grazie a questa legge si può optare per la cittadinanza italiana al 18° anno (e solo fino al 19°) per chi è nato in Italia e vi ha vissuto regolarmente; mentre chi è nato all’estero può chiedere e ottenere la cittadinanza dopo 10 anni ininterrotti di residenza.
Esiste dunque un disallineamento tra chi, figlio di straniero nasce in Italia e chi è nato all’estero. Cioè la legge in vigore dimezza i tempi (10 anni contro 18 anni) per la concessione della cittadinanza a chi è nato all’estero rispetto a chi è nato in Italia.
La legge in discussione attualmente è definita “Ius soli temperato” e consiste in un percorso di 5 anni più vicino alle legislazioni degli altri paesi europei.
Noi inseriamo un altro vincolo: per essere considerati cittadini italiani non solo si deve essere nati in Italia ed esserci rimasti per 5 anni, ma è obbligatorio aver frequentato almeno 5 anni di scuola in Italia. E’ dunque un sistema misto di Ius Soli (essere nati ed essere stati in Italia per un periodo dato) e Ius Culturae (aver frequentato per almeno 5 anni la scuola in Italia.
Dunque in realtà non è una nuova legge, ma un adeguamento ad oggi di una legge già esistente che norma l’acquisizione della cittadinanza in Italia. Si tratterebbe di circa 850.000 studenti e studentesse che già sono nelle nostre classi, studiano con i nostri stessi libri le nostre leggi, la nostra cultura, la nostra storia, giocano coi nostri giocattoli e con i nostri figli, fanno già parte della nostra vita, tanto da non saperli più distinguere.
Un mio amico mi ha scritto “Quando vedo passeggiare a Palermo questi ragazzini di dodici anni con gli zaini, figli di bengalesi o di africani, li vedo correre insieme ai nostri figli e li sento parlare con la cadenza palermitana, capisco in due secondo come la gazzarra sul tema Ius Soli sia cialtronesca e strumentale”
La situazione di Palermo
Parlo di Palermo perché vorrei che il nostro esempio fosse noto a tutti. Palermo accoglie migliaia di migranti. Ve ne siete accorti? No. Leoluca Orlando dice: chi è a Palermo è palermitano.
Può dirlo, perché è così.
Ecco che noi non abbiamo migranti ma palermitani. Nessuno si sente straniero, arriva a casa sua. Da che esiste Palermo. E’ la nostra città e siamo noi. Da noi sono secoli, dall’alba della nostra fondazione, che Ius Sanguinis, Ius Soli e Ius Culturae sono dati di fatto.
Palermo nasce, cresce e prospera come incontro di culture e di razze. Nelle classi di tutte le scuole italiane non abbiamo migranti, stranieri, abbiamo bambini, tutti diversi, tutti speciali. Non sono un limite sono una ricchezza. La loro integrazione è la nostra polizza vita non solo in termini economici ma anche in termini di sicurezza.
Integrazione ed uguaglianza
A volte le leggi ratificano, a volte le leggi indicano. A Palermo, ad esempio, non una legge ma la storia e la nostra identità hanno stabilito ciò. Nelle scuole italiane l’integrazione e la pratica dell’uguaglianza nella differenza è un dato di fatto da anni.
Il Parlamento questa volta ratificherà con una legge bella e importante quello che la nostra scuola ha come un valore fondativo: l’inclusione e valorizzazione delle differenze all’interno di una uguaglianza dei diritti e dei doveri. Sono i nostri valori. Nulla di più e nulla di meno di quanto recita quella Costituzione che tutti dicono di voler difendere ma che spesso tradiscono per motivi di egoismo economico, politico o sociale.
Anche di questo si parla nella Costituzione: siamo uno stato sociale che agisce nella solidarietà politica, economia e sociale, non nell’egoismo, chi dice il contrario non solo rinnega la storia ma tradisce la nostra natura e lo fa anche con modalità decisamente lontane dalla nostra civiltà.