Titoli cubitali e fiumi di inchiostro sui giornali. Ore e ore di trasmissioni televisive monografiche. Ogni minuto si aggiunge una voce – purtroppo anche dall’interno del Pd – al coro dei giustizialisti che invocano dimissioni e “passi di lato”.
Assistiamo allibiti ad un attacco mediatico che ha pochi precedenti e che si regge su accuse tutte da verificare, testimonianze fra loro contraddittorie, violazione sistematica del segreto istruttorio. Questo è, al momento, il caso Consip: un frullatore di indiscrezioni che, per esempio nel caso di Luca Lotti, non ha partorito neppure un avviso di garanzia.
La grancassa mediatica
Ma senza entrare nel merito della questione giudiziaria, è opportuna una riflessione sulla libertà di stampa, colonna portante in ogni sistema democratico. Il principio giuridico per il quale si è innocenti fino a prova contraria, e si è ritenuti colpevoli solo in seguito a tre gradi di giudizio, non significa né delegittimare la magistratura – che deve fare il suo lavoro presto e bene, e possibilmente in silenzio – né tantomeno essere innocentisti a prescindere: vuol dire, semplicemente, rispettare i diritti individuali e l’autonomia della magistratura, colonne portanti dello stato di diritto.
Ed è proprio per tutelare la libertà di stampa che dobbiamo riconoscere quando questa viene usata in modo apertamente manipolatorio, quando pretende di trasformare un’indagine in una sentenza di condanna piegando i fatti al proprio racconto, quando sfrutta un’inchiesta per regolare conti politici e, più in generale, per delegittimare un’intera classe dirigente.
La grancassa mediatica ha la capacità di rendere vera, o almeno verosimile, qualsiasi accusa, di distruggere la vita di una persona in barba alla presunzione d’innocenza, di condannare moralmente e pretestuosamente senza prove e senza processi soltanto per vendere più copie o aumentare l’audience, oppure, ancor peggio, per colpire gli avversari politici.
La gogna pubblica
Dobbiamo rifiutare senza riserve la gogna pubblica che vuole sostituirsi alla giustizia per mettere in scena il proprio patibolo inquisitorio sul palcoscenico mediatico, trasformando l’apertura di un’indagine in una sentenza di condanna salvo poi dimenticarsi delle archiviazioni e delle assoluzioni (è capitato, negli ultimi mesi, tanto al presidente del Pd campano Stefano Graziano quanto all’ex ministra Federica Guidi).
Lo stato di diritto e la libertà di informare correttamente sono beni comuni da difendere ad ogni costo: con pazienza e con tenacia, con convinzione e con coraggio, è questo il nostro compito.