La Rimborsopoli del M5S, prescindendo per un momento dalla lieve circostanza che stiamo parlando di un partito che si candida a governare il paese, è pura commedia italiana. Avete presente Febbre da Cavallo, che ne è immortale caposaldo?
Il Movimento dell’onestà
Il plot è fantastico: il partito degli onesti promette di versare su un conto corrente custodito dal Mef la metà dell’indennità di base dei propri parlamentari per destinarlo al fondo per le piccole imprese. Tra squilli di tweet e rulli di post, l’assegnone della restituzione diventa virale. 23 milioni di euro, rivendicano i capi del Movimento. Eccoci qua, noi siamo i nuovi francescani della politica: teniamo solo qualcosa, giusto l’elemosina per campare, il resto torna ai cittadini.
Fantastico!
La mandrakata
Poi però irrompe la zampata dello sceneggiatore che trasforma la scena solenne in farsa: si scopre che prima uno, poi, due, poi tre, poi quattro, poi dieci e chissà quanti ancora parlamentari grillini hanno fatto la mandrakata, che consisteva esattamente in questo: postare sul sito del rendiconto la ricevuta del bonifico effettuato e poi cancellarlo entro le 24 ore. Al conto mancano prima 120.000 euro, poi 400.000, poi 1 milione, poi oltre un milione e chissà quanto ancora.
E così dietro il grottesco look istituzionale di Giggino modello Facis, si scorgono le maschere della commedia: l’italiano mentitore che dice una cosa mentre fa esattamente l’opposto; e quell’altro che, una volta beccato, se le inventa tutte: “Mi si era rotto il computer… accidenti ai ritardi delle banche…ma noooo, com’è possibile che il bonifico non sia arrivato, l’ho fatto ieri, ora ti mando la ricevuta…”.
Ora lo sceneggiatore geniale inserirebbe una chiave antropologica, descrivendo un gruppo di persone che, senza aver mai lavorato in vita loro, si ritrovano improvvisamente proiettate in una dimensione di agiatezza. Sembra già di vederlo Christian De Sica ammiccare davanti al portone di Montecitorio: “Che faccio, restituisco”?