Beppe Grillo il “barricadero”, l’hanno chiamato, quando il leader del Movimento 5 Stelle, durante un comizio ad Asti, ha tuonato dal palco che “la violenza è un diritto”.
L’obiezione, quasi automatica, ad affermazioni del genere è, solitamente, “dipende dal contesto”, come se contestualizzare in altro modo una frase del genere la rendesse meno grave. Grillo non è più un comico, ma il leader politico di uno dei maggiori partiti italiani, ed è ora che si assuma la responsabilità delle proprie affermazioni.
Fake news, commenti volgari e richiamo alla violenza
Le conseguenze di questo continuo riferimento alla violenza sono lampanti, soprattutto sui social. Ogni volta che una notizia sfavorevole – quantomeno non nettamente a favore – del Movimento 5 Stelle acquista un certo grado di visibilità il copione è sempre lo stesso: insulti, commenti sferzanti e volgari, fake news.
È la politica dell’asticella più alta, la politica del tiro alla fune, che prima o poi si spezza. Il risultato delle elezioni amministrative di ieri sera conferma un dato importante: le urla e gli insulti, a tratti, si infrangono sulla totale inesistenza di classe dirigente. Ma trarre conclusioni generali dalle amministrative è, come noto, un errore banale. Il dato nazionale è ancora chiaro, e ci mostra un M5S solidamente affermato, e una strategia comunicativa aggressiva e distruttiva.
La violenza non è un diritto
La violenza non è un diritto, ma una pratica odiosa, e chi ritiene di poter lucrare sulla disperazione delle persone, nascondendosi dietro il folklore, è subdolo due volte. Sarebbe ora, inoltre, che i commentatori politici e buona parte degli intellettuali dei salotti tv smettessero, davanti a queste evidenze, di nascondere la testa sotto terra e, nei casi peggiori, di avallare dichiarazioni di questo genere. Non cediamo alla violenza, non cadiamo nel baratro della volgarità e dell’insulto, perché fare politica significa costruire un’idea, non distruggere persone.