Il ‘Bonus 80 euro‘ è stato di fatto il primo provvedimento di redistribuzione dei redditi che ha abbassato la pressione fiscale per il ceto medio dall’inizio della crisi economica. Nato nel 2014 come misura straordinaria per competitività e giustizia sociale, nel 2015 gli ’80 euro’ da bonus una tantum sono diventati una misura strutturale che permette ad una platea di lavoratori dipendenti progressivamente estesa dall’entrata in vigore della misura di percepire 960 euro annuali riconosciuti in via automatica in busta paga. Nato come strumento di giustizia sociale, il Bonus ha avuto un impatto rilevante sul tessuto economico del paese spingendo al rialzo i consumi: diversi studi e sondaggi sostengono che il 90% dei beneficiari ha speso il ‘bonus 80 euro’ in beni di consumo e uno studio di Bankitalia ne ha certificato la rilevanza per la ripresa economica del paese.
Sempre più esteso
Dalla prima versione del bonus, che era previsto come misura ‘una tantum’ fino a dicembre 2014, già nel 2015 gli ’80 euro’ sono diventati un provvedimento strutturale. Progressivamente le Leggi di Bilancio hanno ampliato la platea dei beneficiari del bonus che ha dimostrato tutto il suo potenziale specialmente in termini di sostegno alla domanda interna. Allo stato attuale, la soglia minima di reddito per avere diritto al bonus è di 8.145 euro: questo per evitare che il beneficio sia azzerato dall’uscita dalla ‘no tax area’. La soglia massima per percepire il bonus integrale di 960 euro è stata rivista al rialzo assestandosi a quota 24.600 euro, mentre per i redditi fino a 26.600 euro il beneficio è ridotto progressivamente. Rispetto alle precedenti soglie di 24.000 e 26.000 euro, l’aumento introdotto nel 2018 ha consentito che il diritto a ricevere il bonus non fosse vanificato per i lavoratori del pubblico impiego dal rinnovo di contratto che porterà un aumento dei salari. La sussistenza dei requisiti è verificata dal sostituto d’imposta (il datore di lavoro), che determina la spettanza del credito e il relativo importo sulla base dei dati reddituali a disposizione.
Al servizio del Paese
Il ‘Bonus 80 euro‘ è una misura di redistribuzione dei redditi che coinvolge una platea di 11,2 milioni di cittadini, di fatto un italiano su cinque. Il bonus è strettamente correlato al reddito percepito nel corso dell’anno. È erogato infatti a favore dei lavoratori titolari di reddito dipendente o assimilato: i subordinati del settore pubblico e privato e gli ausiliari esterni in rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (parasubordinati), i lavoratori soci di cooperative, i titolari di assegni di mobilità o cassa integrazione e quelli titolari di borse di studio, coloro che svolgono lavori socialmente utili o percepiscono le remunerazioni dei sacerdoti. Il bonus annuo per chi ha un lavoro a tempo determinato sarà proporzionale alla durata del contratto, mentre sarà pieno per i part-time. Con la Legge di Stabilità del 2016 il ‘Bonus 80 euro’ è stato esteso come atto di riconoscenza verso il duro lavoro svolto anche alle Forze dell’Ordine: poliziotti, carabinieri, vigili del fuoco e militari e membri della Capitaneria di Porto.
Bonus ai disoccupati
Nel calcolo dei requisiti per accedere al bonus rientra anche ogni misura di sostegno al reddito stesso: le indennità di disoccupazione NASpI (nuova assicurazione sociale per l’impiego) e Dis-Coll (l’indennità per i lavoratori parasubordinati), oltre all’indennità di mobilità ordinaria, di disoccupazione edile, la cassa integrazione o le indennità di malattia e paternità. Restano esclusi gli altri flussi derivanti dall’attività lavorativa ma soggetti a tassazione separata come il TFR, anche per chi ha scelto il pagamento anticipato mensile in busta paga.
I risultati economici
Un gruppo di esperti della Banca d’Italia, Andrea Neri, Concetta Rondinelli e Filippo Scoccianti, ha pubblicato nel giugno 2017 uno studio sull’impatto del bonus fiscale da 80 euro nel tessuto economico del Paese poi ripreso anche dalla Banca Centrale Europea. Emerge che le famiglie hanno aumentato di 20-30 euro il consumo di beni alimentari e mezzi di trasporto, che soddisfano bisogni primari. E i beneficiari con i redditi più bassi hanno dedicato ai consumi l’80% dell’importo del bonus. L’intervento pubblico ha avuto effetti rilevanti sull’equilibrio economico generale. I consumi sono aumentati di 3.5 miliardi di euro, il 40% dell’aumento totale della spesa nel 2014, l’anno in cui il bonus è entrato in vigore. Il working paper della Banca d’Italia è stato poi ripreso anche dalla BCE, che ha evidenziato come il 21,9% delle famiglie italiane abbia potuto godere del beneficio.
Taglio alle tasse
Una misura semplice e facile da attuare che è andata a sostegno del ceto medio e medio-basso del paese che lavora e che, per la prima volta dopo molto anni di sacrifici, ha potuto vedere direttamente in busta paga un taglio delle tasse vero e incondizionato. Una volta percepito, il beneficio è completamento privo di ogni tassazione, non fa parte né dell’imponibile fiscale né di quello previdenziale e non va dichiarato nel modello 730 per la dichiarazione dei redditi. Proprio in questa sede, gli aventi diritto possono rettificare quanto è stato riconosciuto in busta paga dal datore di lavoro, come accaduto nell’ultimo anno a 1.5 milioni di contribuenti. La domanda e il riconoscimento del bonus mese per mese non sono infatti l’unica strada per accedere al beneficio: chi deve fare direttamente la dichiarazione perché non ha un sostituto d’imposta o matura i requisiti di reddito durante l’anno può vedersi riconosciuto il bonus nell’anno successivo.