Pubblichiamo un articolo di Silvio Viale, ginecologo, dirigente Ass. Luca Coscioni, responsabile scientifico di Exit-Italia
C’è, per fortuna, sempre un giudice per Eluana. A 25 anni dall’incidente e 8 anni dalla sua morte anagrafica, il Consiglio di Stato ha condannato la Regione Lombardia, quella di Formigoni e Maroni, a risarcire la famiglia Englaro per non avere dato assistenza alla figlia Eluana.
La solidarietà del Friuli
Beppino Englaro dovette rivolgersi fuori regione. Altre regioni avevano dato la propria disponibilità, ma il viaggio fu verso il Friuli, un richiamo verso la terra degli avi, dove una solidarietà trasversale non era mai mancata. E non mancò.
Credo che questo sia il diciassettesimo pronunciamento di qualche autorità giudiziaria sul caso di Eluana e premia la sete di giustizia della famiglia Englaro. Ancora oggi trovo colleghi che, a mezza voce, mi dicono che la vicenda avrebbe potuto concludersi prima, senza tanto clamore. Certo, si sarebbe potuto, sfruttando un’area grigia tanto cara alla politica di questo Paese, ma si sarebbe fatto un torto alla volontà di Eluana, che è uscita riconosciuta. La battaglia della famiglia Englaro è stata un grande gesto d’amore verso la propria figlia.
La legge sul finevita
Se, per fortuna, c’ è stato un giudice per Eluana, per colpa è mancata la buona politica. La legge sul “finevita”, ferma al Senato, è un grande gesto di riparazione verso Eluana e i tanti casi che hanno portato sofferenze inutili e tragedie.
Non introduce l’eutanasia volontaria o il suicidio assistito, per i quali questo Paese sarebbe maturo, ma è un grande passo avanti verso il riconoscimento di quello che già si può fare e che i giudici, in nome della Costituzione, hanno spesso sentenziato.
Ai senatori la responsabilità storica e politica di ricucire uno strappo con la società e di fare in modo che in futuro non ci sia più bisogno di un giudice per Eluana.